martedì 5 luglio 2011

L’ANZIANO E LA FAMIGLIA

Vediamo alcuni dati dell’ ultimo censimento: i bambini fino a 10 anni di età, quando non sono a scuola o non sono con i genitori sono abitualmente affidati per l’8,1% a nonni conviventi, per il 33,1% ai nonni non conviventi, per il 2,4% ad altri parenti conviventi, per il 6,9% ad altri parenti non conviventi.  Quindi nell’ottica del ciclo vitale, il ruolo del nonno dovrebbe essere un sostituto dei genitori, colui che trasmette i valori, le esperienze passate. Sebbene oggi, in forma sempre più consolidata, si assista all’ immagine del nonno baby-sitter, questo coincide come una sorta di situazione di comodo per cui i genitori sfruttano la disponibilità dei nonni per far accudire i propri figli.  Ovviamente, anche il ruolo dei nonni, in base al sesso, si diversifica in maniera peculiare: il nonno porterà i propri nipoti maschi alle attività sportive mentre le nonne si preoccuperanno per la preparazione di squisitissimi piatti tradizionali  da presentare ai loro piccoli ragazzi.

 È necessario che i genitori, però, svolgano un’attenta forma educativa al fine che i propri
figli percepiscano l’importanza del ruolo dei propri nonni. Infatti, solo la convivenza stabile di più persone legate da vincoli naturali offre la pienezza delle condizioni per un sano ed equilibrato sviluppo psico-sociale della famiglia, caratteristiche le quali, purtroppo, stanno sempre più scomparendo a causa dei ritmi di vita, a volte, troppo frenetici. L’attuale tendenza del nucleo unifamiliare, la riduzione del numero dei figli connessa al controllo delle nascite, il lavoro femminile extradomestico, le forme ricreative di massa stanno oggi profondamente trasformando alcune funzioni tradizionali della famiglia la cui insopprimibile esigenza deve adattarsi a nuovi problemi; particolarmente delicati sono i problemi posti dagli anziani nella vecchiaia,  quando la tendenza biologica di questi a divenire dipendenti deve essere gradualmente accettata e valutata. Alcune delle malattie, cui la vecchiaia è esposta, basti  pensare al diabete, alle neoplasie, alla demenza, alla conseguenza dell’arterio-sclerosi, ad alcune forme di malattie infiammatorie delle vie urinarie, del polmone. In realtà, non esistono processi morbosi che siano ad esclusiva appannaggio dell’ anziano, tuttavia si possono riconoscere malattie che in vecchiaia sono particolarmente frequenti.
Sempre più spesso,  le famiglie delegano, per tempo e spazio, alle istituzioni sanitarie il compito di prendersi cura dei loro parenti anziani in maniera che quest’ultimi, in mancanza di un’assistenza domiciliare continua, vengano a inserirsi in un contesto comunitario che risponda alle proprie ed individuali esigenze. Succede che un tipo di società che dà valore alla produttività, alla velocità, alla giovinezza, all'efficienza, al consumo vistoso e immediato, all'individualismo competitivo ed esasperato, al cambiamento costante di gusti e opinioni non può che tendere ad escludere, , chi non riesce ad adeguarsi ai valori dominanti dettati dal progresso. A parte pochi privilegiati, per reddito, cultura e salute, che occupano un ruolo preminente nella scala sociale, a volte persino eccessivo, la maggior parte degli anziani vive una penosa condizione di invisibilità, di mancanza di potere, di emarginazione. Quello che  più addolora è l'esclusione dell'anziano all'interno della famiglia stessa; il vecchio che vive al suo interno è poco adatto ai ritmi convulsi e alla ideologia consumistica, e spesso è d'intralcio alla filosofia del massimo divertimento da realizzare subito. È un dato di fatto: le generazioni non si parlano più, condividono fra loro sempre meno valori. I giovani restano indefinitamente i figli che tutto chiedono e niente danno, cui tutto è dovuto, senza alcuna gratitudine né compassione per chi ha contribuito alla condizione di cui ora essi godono i profitti ottenuti da un arduo sacrificio .Non ci si deve stupire se gli anziani vengono fiduciosamente affidati alle istituzioni comunitarie che sono talvolta gli ospizi, le case di riposo. A differenza di questi, vi sono una parte di anziani che, comunque, vivono da soli in modesti locali, semi abbandonati da figli e parenti alla loro sorte, e tutti i giorni si legge sul giornale di un anziano che viene trovato morto dopo giorni. Una morte senza aiuto e senza conforto, solitaria, come la loro condizione. Rimedi definitivi, ricette infallibili e miracolose forse non ce ne sono. Detto questo, molte cose rimangono da fare per migliorare la condizione delle persone anziane, per ridare maggiore dignità alle loro esistenze, per lottare contro la disumanizzazione oggi prevalente. Intanto, proprio il destino umano comune, deve spingere i sani e gli attivi all'impegno della solidarietà. Dobbiamo riconoscere nell'altro ammalato, bisognoso, solo, anziano la parte rimossa di noi stessi, quella che l'ossessivo attivismo quotidiano tende a tenerci celata.
Occorre modificare le nostre concezioni urbanistiche e architettoniche, per rendere le città, le tipologie abitative, le case più conformi alle necessità della popolazione anziana.
Occorrono pensioni più adeguate, che permettano agli anziani una più sicura autonomia economica, cercando anche di incentivare e premiare concretamente, economicamente chi si prende cura delle persone della terza età. Sarebbe opportuno ripensare soprattutto la nostra organizzazione di vita occidentale, la nostra filosofia falsamente vincente, quando l'automazione tende sempre più a liberarci dal tempo di lavoro e quando questo tempo potrebbe essere proficuamente impiegato nel migliorare la qualità della vita dei soggetti più deboli e bisognosi.

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